FIM si allena al codice WADA.
Dopo il caso James Stewart, la FIM fa sapere di aver aggiornato il Codice Anti-Doping per la stagione 2015, adeguandolo al nuovo codice WADA.
Facciamo una premessa per spiegare chi è WADA.
WADA è l’agenzia mondiale antidoping, in francese Agence mondiale antidopage (AMA), in inglese World Anti-Doping Agency (WADA), è una fondazione a partecipazione mista pubblico-privata, creata per volontà del Comitato Olimpico Internazionale il 10 novembre 1999 a Losanna per coordinare la lotta contro il doping nello sport. Nel 2001 WADA ha spostato il suo quartier generale a Montreal (Canada), ma giuridicamente resta una fondazione di diritto privato regolata dal diritto civile svizzero.
L’agenzia lavora per aiutare le singole federazioni sportive nel migliorare i test-antidoping, la ricerca e l’educazione contro questo fenomeno. Stila anche un elenco di sostanze proibite che gli atleti non possono prendere. È finanziata per metà dal movimento olimpico e per metà dai governi di diversi paesi. I migliori dieci atleti al mondo delle varie discipline entrano automaticamente a fare parte del programma di sorveglianza WADA e sono soggetti alla compilazione di quello che più o meno impropriamente chiamiamo il “passaporto biologico” che traccia i parametri ematici dell’atleta e che deve essere presentato trimestralmente indicando per ogni giorno di calendario le località di allenamento, gli orari e il luogo dove l’atleta soggiorna regolarmente. L’atleta è obbligato ad indicare un periodo di 60 minuti dove può essere rintracciato per effettuare il test Antidoping. Se l’atleta non viene trovato viene sanzionato con un richiamo pubblico dalla federazione di appartenenza. Nel caso si evidenzino tre mancati controlli nell’arco di 18 mesi scatta automaticamente la squalifica per due anni. Ogni variazione del programma deve essere comunicata alla WADA con almeno 24 ore di anticipo. Questo programma nasce per proteggere l’integrità dello sport e gli atleti puliti, un passo importante nella lotta al doping.
Ora, fatta chiarezza su chi è l’organismo che vigila sugli atleti, passiamo a quanto dice il documento presentato a Johannesburg alla conferenza mondiale anti-doping lo scorso novembre, a cui hanno preso parte oltre 1000 delegati.
Il nuovo codice introduce una maggiore flessibilità per gli atleti che si ritiene abbiano assunto non intenzionalmente le sostanze proibite o che collaborino con le autorità antidoping, ma inasprisce le sanzioni per gli atleti dopati. La terza versione del codice, entrato in vigore il 01.01.2015 ed approvato all’unanimità, apporta modifiche significative nella scala delle sanzioni: le sospensioni passeranno da due a quattro anni per chi non rispetta le regole del codice, che raddoppiano se recidivi. Inasprite inoltre le pene per coloro che, con informazioni fraudolente, intralciano l’attività di controllo ufficiale antidoping.
Tra le maggior novità introdotte dal 2015, un potere di indagine maggiore per WADA, anche al di là dei test antidoping, e più poteri di intervento e punizione anche a danno dei coach e dei preparatori che aiutano gli atleti a doparsi.
Praticamente se un pilota di Motocross (ma attenzione, vale anche per i piloti americani affiliati all’American Motorcyclist Association) verrà pescato a fare uso di sostanze vietate subirà una squalifica di ben 4 anni, se recidivo 8 anni, una terza squalifica sarebbe a vita. E si investigherebbe anche su chi lo allena.